Opere preziose ed uniche realizzate interamente a mano su supporti pregiati e con tecniche antiche.
La miniatura (da minium, il colore ottenuto con ossido salino di piombo con il quale si eseguivano le prime versioni dell’ornamentazione della scrittura, quali titoli, iniziali o segni che marcassero i paragrafi) passa ingiustamente per aspetto “minore” dell’attività artistica; con questo termine si intendono le forme di decorazione eseguite a mano e non a stampa su libri (manoscritti e dal XV secolo in poi anche libri stampati) con più inchiostri o altre materie coloranti. Illustrazione, miniatura tabellare, capolettera, cornice non costituiscono però generi di decorazione strettamente distinti: essi si trovano combinati in tutte le maniere possibili, fino a raggiungere risultati di estrema complessità e ricchezza.
La miniatura venne assumendo un carattere basilare nell’arte medievale; in essa scrittura e immagini stabilirono un rapporto intimo e strettissimo. Basti pensare allo sviluppo dell’iniziale che si sviluppò dapprima con elementi decorativi, a intreccio, vegetali o animalistici e divenne poi figurata e istoriata. Allo stesso modo le grandi miniature a piena pagina palesano esiti del tutto confrontabili con i risultati raggiunti dalla pittura monumentale. Per di più, in alcuni periodi, come nell’età carolingia o ottoniana, proprio la miniatura rappresenta una fonte essenziale per conoscere la cultura stilistica e iconografica della parallela arte pittorica, considerata la perdita di molti cicli ad affresco o di tavole. Anche dopo la nascita della stampa continuarono fino ai primi decenni del Cinquecento a prodursi libri manoscritti e libri stampati, gli uni e gli altri decorati a mano; da questo momento tuttavia la diffusione della stampa e l’avvento delle tecniche incisorie meccaniche, soprattutto la xilografia, soppiantarono la decorazione e l’illustrazione miniata.
Le modalità di organizzazione e diffusione delle miniature furono determinate dall’accentramento della produzione negli scriptoria allestiti nei centri monastici che andavano diffondendosi in ogni parte d’Europa; nei monasteri si preparava la pergamena, si rigava e scriveva il manoscritto, lo si illustrava e infine veniva eseguita la legatura. Qui i libri, lungi dall’essere beni materiali, oggetto di compravendita, diventavano opus spirituale; prodotti e conservati all’interno di un monastero o di una scuola cattedrale, erano oggetti di valore, da conservare o, al massimo, da donare: preziosi in sé, per il loro contenuto sacrale, tanto più se composti con materiali pregiati.